Qui Campo Remoto Beta, ci sentite?

Benvenuti in Antartide! Quella vera….. Roberto, Ellen e gli altri, lasciata la base Antartica di Rothera sono finalmente arrivati al campo remoto BETA e ci hanno inviato via satellite il primo messaggio e le prime foto. L’itinerario per arrivare qui è stato lungo ma finalmente ora possono cominciare a lavorare per estrarre questa “macchina del tempo” lunga 400 m, la carota di ghiaccio che ci svelerà l’andamento del clima del passato in questa regione dove nel 2002 si è frantumata la piattaforma di ghiaccio Larsen B. Ma sentiamo direttamente il racconto di Roberto:

Foto aeree del campo remoto BETA nella Penisola Antartica dove Roberto del Museo Tridentino di Scienze Naturali ed Ellen del Byrd Polar Research Center stanno per iniziare una perforazione di 400 m nel ghiaccio.
Foto aeree del campo remoto BETA nella Penisola Antartica dove Roberto del Museo Tridentino di Scienze Naturali ed Ellen del Byrd Polar Research Center stanno per iniziare una perforazione di 400 m nel ghiaccio (Cortesia di Mike Clark).

Cari amici, vi scrivo dal Campo Remoto BETA. Approfittando di una parentesi di bel tempo, siamo partiti improvvisamente alle 18 di qualche giorno fa e siamo stati proiettati su questo sito disperso nella Penisola Antartica.

L’atterraggio del Twin Otter nei pressi della base BETA e le operazioni di scarico del materiale dalla carlinga.
L’atterraggio del Twin Otter nei pressi del campo remoto BETA e le operazioni di scarico del materiale dalla carlinga.

Oltre al nostro aereo, la base inglese di Rothera ci ha messo a disposizione altri 3 Twin Otters e con 4 voli l’intero gruppo e gran parte del materiale è stato trasportato sul sito di perforazione.

Le tende personali dove ciascun membro del gruppo trascorre la notte. Sono allineate e distanziate in questa maniera per evitare che la neve trasportata dal vento crei fastidiosi accumuli….  molto faticosi da rimuovere.
Le tende personali dove ciascun membro del gruppo trascorre la notte. Sono allineate e distanziate per evitare che la neve trasportata dal vento crei fastidiosi accumuli…. molto faticosi da rimuovere.

Nel vento freddo, ma con ottima visibilità, abbiamo lavorato fino alle 3 del mattino per costruire il campo. Siamo stati molto fortunati a trovare del tempo clemente, in particolare per la costruzione del duomo, ben 5 metri di altezza per 7 di diametro. Con il vento sarebbe stato difficilissimo.

La costruzione del duomo all’interno del quale verrà estratta e lavorata la carota di ghiaccio. Questa struttura garantirà il riparo dei nostri dalle intemperie antartiche durante il lavoro di perforazione.
La costruzione del duomo all’interno del quale verrà estratta e lavorata la carota di ghiaccio. Questa struttura garantirà il riparo dal vento durante il lavoro di perforazione.

Fino ad ora il tempo si è mostrato estremamente clemente e talvolta si lavora persino in t-shirt all’interno del duomo. La grande differenza la fa il vento, che può essere estremamente gelido. Una notte la temperatura si è abbassata fino a circa -20 gradi…. Abbiamo anche fatto 2 piccole spedizioni a circa 15 km di distanza con la motoslitta per recuperare parte del materiale che era stato scaricato durante un volo precedente. Non è stata una cosa banale, perchè ogni volta che ci si siamo mossi ci siamo portati dietro tutto il necessario per affrontare ogni emergenza (crepacci, eventuali malfunzionamenti della motoslitta, cibo in caso di sosta forzata, radio e satellitare…).

A questo punto tutto è pronto, è ora di viaggiare attraverso il tempo andando ad estrarre questo ghiaccio, un ghiaccio che in profondità potrebbe essere antico anche 20000 anni e poi…. ritornare al futuro. Meglio che in un film… come in una macchina del tempo.

9 pensieri su “Qui Campo Remoto Beta, ci sentite?”

  1. Il duomo lo avete costruito sperando che nn si alzasse il vento perche ve lo avrebbe portato via…ma se il vento si alza ora che è gia stato costruito cosa succede? che vento puo sopportare quella costruzione? fino a che velocita? grazie!

  2. @ Marino

    Ho girato la domanda a Roberto in Antartide che ci ha risposto subito:

    “Il duomo che utilizziamo richiede molta attenzione nel montaggio, almeno 3-4 persone e 3-4 ore di lavoro. E’ certamente preferibile scegliere una giornata priva di vento, perche’ il tendone che ricopre la struttura metallica puo’ facilmente volare via, basta un attimo di disattenzione e tutto il lavoro e’ compromesso.
    Siamo stati fortunati a trovare una giornata priva o quasi di vento. Con una buona coordinazione delle operazioni comunque e’ possibile montarlo anche in caso di vento, se questo non e’ troppo intenso!
    In seguito al montaggio, lo abbiamo ancorato in piu’ punti al suolo nevoso con corde e “dead man anchors” eabbiamo ricoperto il perimetro con un buon spessore di neve, in maniera tale da impedire il sollevamento in caso di forte vento.
    Per ora e’ riuscito a sopportare venti fino a circa 50km/h; pensiamo che dovrebbe resistere anche a venti dell’ordine di 90-100km/h…e’ costruito per queste situazioni! Ovviamente in quest’ultimo caso inizieremmo ad essere un po’ nervosi…”

  3. Bravo Roberto e grazie per le tue informazioni. Quì a Trento siamo sommersi di turisti. In questo momento non nevica, ma non possiamo lamentarci. Se però prometti di offrire loro un buon brulè, cominciamo a mandarti un po’di Clienti.Ce l’hai la sciolina?
    Tanti auguri e buon lavoro.

  4. Ciao ragazzi,
    vi invidio tantissimo e complimenti per le vostre attività (ah potessi andare anche io in vacanza… beh dai… a lavorare a -20°C!).
    Ho qualche domanda per voi.
    Una tecnica, vorrei sapere come riuscite a tirare fuori le “carote di ghiaccio” e poi che analisi ci farete: cosa analizzate in particolare? come?
    Sul perchè mi sembra di averlo capito, però vorrei sapere: perchè è importante andare fino in Antartide? Le stesse informazioni non posssone venire dai nostri ghiacciai?
    E poi un’altra cosa: come si fa a diventare dei ricercatori e a partecipare a questi fantastici viaggi di lavoro?
    Pensavo che qui in Italia facesse freddo, però visti i vostri racconti mi ricredo…
    Un’ultima cosa. I rifiuti che producete li portate a casa? come fate?
    Grazie mille, buon lavoro/vancaza… con invidia
    Sasa

  5. @Sasa

    Una tecnica, vorrei sapere come riuscite a tirare fuori le “carote di ghiaccio” e poi che analisi ci farete: cosa analizzate in particolare? come?

    Il prossimo post parlera’ proprio di come si estrae una carota di ghiaccio: check it out! Per quanto riguarda le analisi della carota studieremo degli indicatori delle temperature del passato (i cosiddetti isotopi stabili dell’ossigeno e dell’idrogeno), i traccianti delle particelle di origine marina (ad esempio il cloro ed il sodio) e quelli delle polveri terrestri (il calcio ma anche l’alluminio, il titanio…). Ma non solo…..

    Sul perchè mi sembra di averlo capito, però vorrei sapere: perchè è importante andare fino in Antartide? Le stesse informazioni non posssono venire dai nostri ghiacciai?

    Su questo ti rimando al secondo post dove ne abbiamo parlato in maniera piu’ estesa

    E poi un’altra cosa: come si fa a diventare dei ricercatori e a partecipare a questi fantastici viaggi di lavoro? Un’ultima cosa. I rifiuti che producete li portate a casa? come fate?

    Ho chiesto a Roberto che ha risposto subito dall’Antartide:

    “Ciao Sasa,
    hai ragione, in un certo senso ogni spedizione si puo’ considerare una vacanza, in quanto si conoscono nuovi posti e nuove persone; non bisogna dimenticare pero’ che in realta’ abbiamo un scopo ben preciso, e tutte le nostre attivita’ ruotano intorno ad esso. Inoltre sono molto rari i momenti in cui possiamo rilassarci (mezza giornata in tutto in quasi un mese, per ora), in quanto c’e’ sempre qualche cosa da fare, dalle modifiche alle attrezzature di lavoro, al carico scarico dei carichi di materiale che ci porta l’aereo (immagina un centinaio di casse per il trasporto del ghiaccio, le casse del cibo, le slitte e il materiale di emergenza…e tutto da spostare ogni volta che la neve lo “sommerge”)…ed infine, cosa apparentemente banale, il continuo spalare la neve che cade e minaccia le tende e rende piu’ difficile muoversi all’interno del campo!
    Mi chiedi come si fa a partecipare a questi viaggi di lavoro. Le risposte possono essere svariate, dipende dal ruolo che si intende svolgere, per ognuno dei quali ovviamente si richiedono particolari requisiti. Ad esempio, il ruolo di ricercatore richiede ovviamente una preparazione accademica adeguata (dunque un particolare percorso di studi); quello di camp manager invece richiede molta esperienza sul campo, capacita’ alpinistiche, abilita’ organizzative. Poi come spesso accade nella vita, ci vogliono fortuna e coraggio per trovare e saper cogliere queste occasioni. Dunque impegnarsi, tenere gli occhi ben aperti e non esitare a proporsi!
    Per quanto riguarda i nostri rifiuti, stiamo seguendo un protocollo che viene applicato in tutto il continente antartico: massimo rispetto per l’ambiente che ci circonda, e cio’ significa cercare di non lasciare la minima traccia. Oltre alla raccolta differenziata, ci impegneremo a raccogliere la neve contaminata in grossi sacchi, e riportarla alla base, e lo stesso vale per i rifiuti fisiologici.”

  6. @ Giuliano

    Risponde Roberto dall’Antartide:

    “Ciao Giuliano,
    se invece dei turisti riuscissi a mandarmi un po’ di brule’, luganega e grana mi faresti felice! E magari un po’ di speck e un paio di Forst!”

  7. Ciao esploratori,
    ho un paio di domande sul duomo: come è riscaldato al suo interno?
    perchè è bianco? … mi viene da pensare che se fosse nero accumulerebbe meglio il calore per i ricercatori che ci lavorano dentro.
    Grazie e buon ghiaccio!

  8. @ Angela
    Risponde Roberto:

    “Il duomo non e’ riscaldato al suo interno: al contrario per una migliore conservazione del ghiaccio estratto maggiore e’ il freddo e meglio e’. Nei rari casi in cui la temperatura diventa “gradevole”, cerchiamo di raffreddare l’ambiente aprendo contemporaneamente le 3 aperture per creare un po’ di giro d’aria. Il colore, come mi conferma Ellen, e’ stato scelto appositamente per poter riflettere il piu’ possibile la radiazione ed evitare il riscaldamento interno. Esistono comunque anche altri colori”

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