2.8 Divulgazione – Antartide e Alpi

La ricerca ANDRILL si svolge in Antartide e ha tra gli scopi più importanti quello di ricostruire la storia della calotta glaciale antartica. Questa serve per aiutarci a ricostruire un’altra storia importante e che conosciamo pochissimo: la storia climatica del nostro pianeta.

Ma attenzione. Anche nelle Alpi troviamo del ghiaccio. E anche in questo caso il suo studio ci aiuta a conoscere meglio il passato climatico della Terra.

In questa sezione ci proponiamo di parlare un pò delle Alpi e di accostarle con l’Antartide. Lo scopo è di scoprire le affinità ambientali e di ricerca scientifica.

GHIACCIO ANTARTICO E GHIACCIO ALPINO


Tutto il ghiaccio della Terra è un testimone dei cambiamenti climatici. Studiarlo significa leggere un libro che ci parla del clima passato e questo ci può aiutare a conoscere meglio anche quei cambiamenti che sono in corso.

Non solo l’Antartide, ma qualsiasi altra riserva di ghiaccio del nostro pianeta può essere d’aiuto per raggiungere questo scopo, anche i ghiacciai alpini.

Il ghiaccio dell’Antartide e quello dei ghiacciai alpini viene comunemente indicato come ghiaccio perenne ma non è ovviamente ‘eterno’. Il termine perenne si riferisce solo al fatto che riesce conservarsi, ed eventualmente accumularsi, per diversi anni.

In Antartide è conservato il ghiaccio più vecchio del nostro pianeta ed è situato alla base della calotta antartica. Esso può raggiungere l’età massima di circa 800mila anni. Al contrario il ghiaccio alpino può raggiungere al massimo, qualche migliaio di anni di età.

Il ghiacciaio alpino ha altre cose in comune con la calotta antartica. Primo fra tutti la loro origine: sia il ghiaccio della calotta antartica che quello dei ghiacciai alpini si forma dalle precipitazioni nevose. Il loro continuo accumulo e successiva compattazione (e parziale fusione dei cristalli di neve) dà origine al ghiaccio vero e proprio.

In Antartide il ghiaccio si conserva sotto forma di un’unica calotta glaciale estesissima (50 volte l’Italia), spessa anche alcuni Km e che ricopre un intero continente. Nelle Alpi il ghiaccio si presenta in forma più discontinua come ghiacciai che sono, ovviamente, molto meno estesi e spessi della calotta antartica ma possono comunque conservarsi per periodi di tempo piuttosto lunghi.

A differenza dell’Antartide, dove il ghiaccio si mantiene anche a livello del mare, quello alpino si trova solo oltre quote molto elevate, almeno 2800 m.

In termini di superficie, quella glaciale alpina rappresenta il 5% di tutta la superficie di ghiaccio esistente sulla Terra, mentre quella antartica ben l’84%.


Sia il ghiaccio antartico che quello alpino costituiscono un incredibile registratore naturale di preziose informazioni su come era il clima passato del nostro pianeta e viene quindi studiato da quelle ricerche scientifiche che vogliono studiarne la sua storia e per questo si dice che hanno scopo paleo(antico)climatico.

I dati che il ghiaccio (sia quello antartico che quello alpino) è in grado di fornire sono di due tipi:

1.

Si può studiare l’evoluzione nel tempo di tutta la massa glaciale nel suo insieme, come conseguenza dei cambiamenti climatici. In altre parole si cerca di capire come si comporta e si è comportato: si estende, si restringe, si assottiglia, si ispessisce ecc. Questi dati son quelli forniti da alcuni parametri come “Il bilancio di massa” e “Gli spostamenti del fronte” che vengono spiegati nella pagina dedicata a “Come si studia un ghiacciaio” di questa sezione. Questi tipi di dati possono provenire da osservazioni dirette fatte dall’uomo e quindi risalire al massimo a qualche centinaio di anni fa, alle prime osservazioni di cui abbiamo testimonianza. Oppure possono provenire da tracce che il ghiaccio ha lasciato nelle rocce.

2.

Oppure si può studiare l’evoluzione nel tempo delle caratteristiche fisiche e chimiche del ghiaccio (e dei suoi costituenti) come conseguenza dei cambiamenti climatici. A questo scopo si fanno delle carote di ghiaccio che contengono strati via via più vecchi. Ogni singolo strato viene analizzato, si determinano così alcune caratteristiche come ad esempio la conducibilità elettrica o la sua composizione chimica. Si ottengono così dei numeri, che formano una serie temporale continua (cioè con pochi ‘salti di tempo’) di dati. Il loro studio e confronto permette di ottenere informazioni su come era il clima anche anche diverse centinaia di migliaia di anni fa. Questo tipo di approccio è stato adottato ad esempio in Antartide dal progetto EPICA, e permette di ottenere informazioni più vecchie e continue, e quindi più preziose, per lo studio del clima.

In sintesi possiamo dire che il ghiaccio antartico ha il vantaggio di fornire informazioni più vecchie e quindi più ‘pregiate’ ma ha lo svantaggio di trovarsi in un luogo molto lontano e inospitale (e comporta quindi anche dei costi di ricerca più elevati), oltre allo svantaggio che è più difficile stabilirne l’età e cioè datarlo. Un’altra difficoltà è una conseguenza dell’enorme estensione della calotta antartica, che rende molto difficile fare dei bilanci di massa complessivi (cioè la quantità di ghiaccio formatosi meno quella di ghiaccio fuso).

Quello alpino è invece un ghiaccio più recente ma è anche più facilmente accessibile e databile, oltre al fatto che è, in genere, piuttosto circoscritto come estensione ed è quindi più facile ottenere dei dati di sintesi.

Non dimentichiamoci infine che noi possiamo anche studiare la storia del clima e del ghiaccio attraverso le tracce lasciate dal ghiaccio nelle rocce. E queste tracce possono essere molto più antiche di quelle che troviamo direttamente nei corpi glaciali che son giunti integri fino ai giorni nostri. La ricerca ANDRILL, ad esempio, studia eslusivamente carote di roccia, ma da esse riesce a trarre informazioni sulla storia della calotta glaciale antartica che risalgono anche a decine di milioni di anni fa.

Questa pagina è parte della tesina dell’esame di stato 2008 degli studenti Francesco Catalano e Andrea Zuanni (Liceo Rosmini – Rovereto- TN)

Consulenza Scientifica e revisione da parte del Dott Roberto Seppi. Università degli Studi di Pavia

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